Dovete sapere che a volte mi capita di prendere l’aereo. Pur non trattandosi di un’impresa particolarmente complicata, trascurando il prezzo del biglietto, nel mettere piede sul velivolo ciascuno si trova puntualmente costretto ad affrontare il proprio momento critico, una situazione che non cessa mai di mettere in difficoltà il passeggero di turno. Per alcuni il decollo dell’aeroplano può essere il fattore scatenante di una breve crisi di pianto, per altri è l’atterraggio ad tramutarsi in un’esperienza snervante, mentre altri ancora potrebbero vacillare ogniqualvolta si dovessero ritrovare nelle condizioni che li costringerebbero a visitare la toilette di bordo. Nel mio caso specifico, la grande sfida è trovare il posto a sedere comunicatomi all’acquisto del biglietto, sul quale risulta chiaramente indicato. Nonostante questo, fino all’ultimo secondo mi ritrovo a mio malgrado divorato dal dubbio di aver inavvertitamente occupato il posto che sarebbe spettato di diritto ad un ignaro passeggero, il quale, trovando la propria poltrona conquistata da un perfetto sconosciuto e non avendo intenzione di compiere lo sforzo di far notare il malinteso, potrebbe attribuire la colpa dell’intera situazione alla sua distrazione, accomodandosi così in un altro sedile dal numero simile a quello originariamente assegnatoli, e scatenando così una devastante reazione a catena che si concluderebbe solamente nel momento in cui un indignato passeggero dovesse reclamare la legittima poltroncina. L’intera catena verrebbe dunque ripercorsa, in senso opposto questa volta, con un continuo crescendo della folla inferocita costretta ad alzarsi per cedere il posto a sedere, divenendo sempre più numerosa e desiderosa di individuare il responsabile di questa catastrofe logistica: in questo caso il sottoscritto, beatamente ignaro di tutto sino all’arrivo del furioso energumeno di turno.